Vincenzo Minunno - opera prima
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La trilogia del Circolo



La trilogia del Circolo



SIAMO TUTTI FILOSOFI Titolo dell’opera:
- Una storia semplice


Dedica: Al Dott. Riccardo Piccinni, con riconoscenza

Citazione d’apertura: < Misericordia significa vedere la necessità, ascoltare la preghiera, intervenire per salvare.>

Copertina:Disegno di Stefania Minunno














Prefazione


Un uomo che intende mettersi alla ricerca di se stesso, deve necessariamente confrontarsi sui valori della vita, sulle loro priorità: è più importante la Giustizia o la Libertà? La Libertà è il fine di tante lotte personali e sociali o un mezzo per la conquista di altri valori? Chi cerca se stesso non può esimersi di affrontare l’eterno problema esistenziale, ragionare sul perché delle religioni, riflettere sul taciuto ma disperato bisogno di Dio, chiamare in giudizio Dio per contestargli le anomalie della creazione.
Perché le guerre, la sofferenza, le malattie e i disastri naturali se tu sei un Dio d’amore? Perché gli uomini si impediscono scambievolmente di vivere e fanno sempre quello che non dovrebbero fare?
Lo scrittore è consapevole che rivangare il passato equivale a ragionare sui meccanismi che alimentano i fatti, è un andare alla ricerca dei perché del presente e non vacuità. Forte di questa certezza, si mette in vetrina e con piccoli racconti nel racconto, espone il contesto sociale in cui affondano le sue radici e l’evoluzione della cultura contadina.
Il viaggio virtuale che compie col suo amico ateo è un percorso che lui ha già fatto.
Lui sa che quello è un cammino senza fine che comporta ripensamenti, ritiri, slanci generosi, dubbi e lampi di certezze.
In questo continuo interrogarsi e mettersi in gioco, lo scrittore afferma implicitamente che è possibile trovare o ricevere la risposta giusta che dona la pace; lo ha sperimentato sulla propria pelle e lo può testimoniare.
“ Si può comandare l’amore? “ Questa domanda può ossessionare chiunque voglia intraprendere un cammino di fede, ma è fondamentale darle una risposta per non ritrovarsi a mani vuote alla fine della corsa.
Questo libro inizia con un esame di coscienza e termina con un esame di coscienza. Tra questi due poli c’è il travaglio di un’anima che, tra le comuni vicende umane, vaga alla ricerca di se stessa e di Dio. Il dramma della ricerca, però, è Dio che molto spesso si fa trovare, ma viene rifiutato perché si rivela un Dio esigente, la cui sequela comporta coerenza e sacrificio.

Ettore Quarantanove



La prima pagina

Lo specchio

Si fa presto a dire “ guardati allo specchio!” Cos’è uno specchio?
Lo specchio è una superficie capace di riflettere le radiazioni luminose.
Tutto qui? Certamente no, perché il fattore di riflessione dipende dal tipo di radiazione, dal mezzo di trasmissione e dalla lavorazione dello specchio.
Per guardarsi bene allo specchio occorrono dunque tre requisiti: che la radiazione si propaghi da una sorgente molto luminosa; che la propagazione di luce avvenga tramite uno specchio piano, concavo o convesso; che lo specchio sia di ottima fattura.
Trasferendo questi concetti della fisica all’animo umano, è chiaro che prima di rilasciare una intervista onesta, bisogna guardarsi dentro; e per fare un utile esame di coscienza occorre tanta luce e un buono specchio. E’ preferibile uno specchio piano a quello concavo o convesso, perché nell’esame di coscienza potrebbe risultare dannoso il rendere più grande o più piccola l’immagine riflessa.

Quando si trovava a Migliano, il filosofo aveva un diario nel quale annotava le sue oneste riflessioni. Sul frontespizio del quadernetto c’era scritto: “ Lo specchio.”
Un titolo programmatico che doveva garantire la veridicità del contenuto.
Ogni settimana lo faceva leggere al padre spirituale che cercava di raddrizzare ciò che tendeva a storcersi. Perché quel diario? Aveva scoperto che con la scrittura riusciva ad essere più onesto con se stesso e a tirare fuori anche verità spiacevoli.
Scrivere divenne confessarsi, donarsi, liberarsi. ( Più o meno quello che fanno tutti gli scrittori ).
Non aveva più quel diario, finito chissà dove, e come padre spirituale aveva adottato uno specchio vero, uno specchio al quale aveva dato un nome proprio: Decalogo.
Qualche buontempone sogghignerà, ma costoro sono come i gobbi che non vedono la propria gibbosità. In quello specchio, infatti, dovrebbe riflettere il proprio volto ogni uomo che si interroga sul senso dell’esistenza, sul valore del bene e del male, della verità e della menzogna, della giustizia e del crimine, della vita e della morte.

Da tempo Decalogo reclamava una intervista ( lui la chiamava così, ma in effetti era un esame di coscienza) seria, varia e approfondita. Il nostro filosofo aveva tergiversato adducendo il pretesto della luce fioca e del suo animo non ben levigato e regolare, ma il tempo stringeva. Quasi un malessere fisico lo tormentava e lui avvertiva l’urgenza di analizzare le domande con le quali Decalogo lo incalzava , percepiva la necessità di abbozzare almeno qualche risposta.

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