Vincenzo Minunno - opera prima
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La trilogia del Circolo



La trilogia del Circolo



SIAMO TUTTI FILOSOFI Titolo dell’opera:
- Siamo tutti filosofi


Dedica: A coloro che credono nelle grandi utopie.

Citazione d’apertura: Beffarsi della filosofia è filosofare veramente. (B. Pascal)

Copertina:Medea di Euripide - Olio su tela – di Ina Bianco










Recensione:


Come uno slalomista, l’autore si infila tra i paletti della storia per raccontarci del presente e del passato, senza evitare rapide incursioni nell’imminente futuro. Vincenzo Minunno accompagna il lettore in un lungo confronto tra credenti ( non così sicuri di credere ) e non credenti ( non completamente certi di non credere ). Si serve di metafore e di brevi racconti per riportare alla memoria dei contemporanei fatti, non sempre positivi, accaduti in un recente passato e che il nostro Paese rischia di rivivere. La religione, la politica, la mafia, la massoneria, il potere arrogante, la magistratura,la Giustizia, la libertà, la verità, il compromesso, storie fantastiche di angeli e demoni, l’amicizia e una vasta gamma di sentimenti sono le corde che tocca per sondare l’animo umano, per fare luce su quel grande mistero che è l’uomo.


Prefazione


Con questo volume inizia la Trilogia del Circolo. Il Circolo: centro culturale e ricreativo della borghesia, luogo d’incontro delle persone che contano, casinò in cui si giocano piccole fortune, salotto giusto per mantenere le pubbliche relazioni, sede ufficiosa nella quale si creano gli uomini politici ed i relativi programmi, zona franca in cui è evidente il ponte che collega le ideologie agli affari, piccolo mondo nel quale è considerato un godimento il parlare, il discutere per il piacere di comunicare con gli altri.
Il filo conduttore è costituito dalle vicende personali del filosofo che, a loro volta, si intrecciano con le esperienze personali degli altri frequentatori del Circolo. Vicissitudini quotidiane che, come un termometro, segnano la temperatura culturale, morale, economica, democratica e liberale del Paese.
Il Circolo è un grande palcoscenico sul quale tutti recitano, volontariamente, la propria parte.
Gli attori si rendono conto che al di là di vane parole, molto spesso essi sono gestiti da una misteriosa Entità che altera il senso dei termini: libertà non è la Libertà, giustizia non è la Giustizia, verità non è la Verità, uguaglianza non è l’Uguaglianza. Per sfatare ed esorcizzare questa Potenza onnipresente, i Soci affrontano i problemi attuali che attanagliano la nostra società e fanno l’analisi di alcuni valori che una cultura edonistica televisiva irride e banalizza, una cultura arrivista, erotizzata, basata sulla visibilità. Su quel palcoscenico si parla di amore, di famiglia, di scuola, di matrimonio, di politica, di religione, delle donne, di tutte quelle persone considerate diverse, del falso conformismo, del nichilismo che celebra la morte dell’uomo e inaugura l’anarchia morale, degli alibi ridicoli al perbenismo di facciata, in un confronto, a volte aspro, che non diventa mai scontro.
L’autore tenta di coinvolgere il lettore in un lungo contraddittorio tra credenti, non così sicuri di credere, e non credenti, non completamente certi di non credere. Un faccia a faccia che tende alla scoperta di se stessi, a ciò che veramente siamo; una presa di coscienza che, oltre ad essere fine a se stessa, costituisce un trampolino di lancio per immettere antivirus in una società malata.

Ettore Quarantanove



La prima pagina

    Qualcuno avrebbe potuto accusarlo di appropriazione indebita nonché di illecito uso di titolo accademico, ma è certo che l’appellativo “filosofo” gli venne attribuito da alcuni soci del Circolo.
Quasi tutti avevano un soprannome, un nomignolo che rispecchiava pregi e difetti. Il suo epiteto era “il sognatore”, per via della mania che aveva di raccontare ed interpretare i sogni.
“I sogni son desideri chiusi in fondo al cuore”, diceva un vecchio adagio, ed in effetti, cos’è un sogno se non la riproduzione incosciente di immagini capaci di destare le più vive emozioni?
Cosa c’è di più bello del sognare?…Fuggire dalla realtà che non si accetta, rifugiarsi in una dimensione fantastica, vagheggiare gloria, ricchezza e felicità?
E’ facile interpretare i nostri sogni se ci conosciamo, ed è anche semplice svelare i sogni altrui se si percepisce qualcosa della loro personalità.
Molto spesso, il sogno è la metafora della vita, il mezzo con cui la Divinità entra in contatto con l’uomo, l’inoppugnabile fondamento su cui edificare una fede, il presupposto necessario per esporre una tesi, un teorema, un dogma.
La storia è piena di sogni e di visioni: il sogno di Giacobbe, i sogni di Giuseppe l’egiziano, i sogni degli eroi, le visioni delle sibille, i sogni di Giuseppe il falegname, il sogno di Costantino e così via di seguito.
Lo chiamavano “il sognatore” perché aveva l’abitudine di esporre le sue teorie sotto le mentite spoglie del sogno. Era un metodo che lo cautelava dalle polemiche violente e che gli consentiva di ritrattare senza arrossire, tanto era solo un sogno!
Poi, un bel giorno, dopo quanto lui stesso raccontò, nessuno lo chiamò più con quel nomignolo.
Una sera, seduto al solito tavolo del Circolo, raccontò uno strano sogno fatto qualche notte prima e che gli era rimasto particolarmente impresso nella mente. Naturalmente, come era suo costume, ornò il sogno con orpelli, aggiunte e varianti.

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