Vincenzo Minunno - opera prima
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Roba da matti Titolo dell’opera:
- Roba da matti - 2° Edizione


Dedica:Ai cittadini senza voce, invisibili e dimenticati
Citazione d’apertura: "Il sonno, il sogno e l'estasi sono le tre porte aperte verso il mondo sovrumano" (Pitagora)
Copertina: Ballata di Pulcinella - Litografia di Pino Bua –









Recensione


Durante la serata conclusiva di Carnevale, in una vecchia villa, alcune persone mascherate, rese audaci dall’anonimato, aprono uno spiraglio della propria anima e confessano le manie, i vizi ed il peccato personale che in qualche modo riescono ancora a percepire.
In un’epoca in cui si sono smarriti molti valori fondamentali, in un tempo in cui i vizi hanno perso la loro natura negativa e in nome della libertà tutto è diventato lecito, in un’era in cui la società snobba le virtù ritenendole un impedimento alla piena realizzazione individuale e si rifugia nella banalizzazione del Male, lo scrittore si muove in una palude mimetizzata da giardino e strappa alcuni veli per mostrare la faccia reale del peccato che convive indisturbato con l’uomo, ne fa riemergere il vero, terribile e distruttivo significato. Niente è gratuito o fine a se stesso, ma ogni parola tende a scuotere le coscienze, a fare prendere atto della violenza quotidiana che ci circonda, a riscoprire il senso del peccato, ad affermare che non tutto quello che piace è lecito.


Prefazione

La Morale ha molte definizioni, ma in questa sede a noi interessa quel complesso di consuetudini e norme che regolano la vita pubblica e privata. L’uomo è un soggetto morale perché, indipendentemente da quello che stabilisce la Morale, ha la percezione intuitiva (il senso) di ciò che è bene o male e la consapevolezza (la coscienza) del significato etico delle proprie azioni.
Perché, allora, pur avendo questi due formidabili strumenti di giudizio, è portato a confondere l’errore morale col peccato? Prima di procedere oltre, ritengo necessario identificare, almeno sommariamente, questi due illustri sconosciuti.
L’errore morale è una trasgressione a una regola o a una convenzione. Il peccato ha una dimensione religiosa e implica una rottura con Dio, rottura che si esplica in amore rifiutato e volontà contraddetta. Come si è giunti a questa colpevole confusione? La risposta va ricercata nella perdita del senso del peccato.
“roba da matti” non vuole essere l’apologia del peccato né la vetrina del vizio, ma un riflettore puntato sui nostri contemporanei che sono diventati chiusi all’idea di peccato e di colpa. essi ritengono, infatti, che tale idea crei nell’uomo un sentimento di alienazione e sia un simbolo di oscurantismo. L’autore rende visibile l’invisibile, anche a rischio di apparire empio, nel tentativo di recuperare la perdita del senso del peccato; egli ritiene che tale perdita rimetta in causa la stessa nozione fondamentale di salvezza. infatti, che senso ha parlare di salvezza e di redenzione se non c’è nulla che deve essere salvato o riscattato? Cosa dice la Morale Cattolica in proposito? La causa principale della perdita del senso del peccato va ricercata nell’ autonomia dell’uomo moderno. La secolarizzazione ovvero la progressiva autonomia dello Stato e della Società nei confronti della Chiesa (per altri versi legittima) ha portato, come conseguenza, il rifiuto dell’esistenza di Dio. Col rifiuto si è inteso eliminare l’immagine di Dio (autore di una legge morale) e restituire all’uomo tutta la sua statura e la sua maturità. finalmente l’uomo può considerarsi autonomo nei confronti del proprio destino.
Come nel mito di Prometeo, l’uomo ha abbattuto qualsiasi divinità che lo tenesse incatenato con delle proibizioni e, grazie al progresso scientifico e tecnico,si è liberato dalle sue paure. L’uomo non si considera più creatura (che deve sottomettersi e obbedire a Dio), ma un essere autarchico (autosufficiente, auto-creatore di se stesso). La coscienza del proprio potere porta l’uomo alla eliminazione delle idee di bene e di male, di lecito e di proibito, di peccato.
Proprio quello che si osserva nelle confessioni rese dai personaggi mascherati. L’autonomia, inoltre, si incarna in ideologie atee. Da un lato abbiamo l’ateismo Marxista che ignora il peccato, dall’altro c’è l’ateismo esistenzialista che elimina la nozione di peccato ed esalta la libertà: l’uomo è l’autore della propria promozione.
Un’altra causa importante della perdita del senso del peccato è l’effetto decolpe- volizzante delle scienze umane. Le scienze tendono ad assumere una funzione etica, col rischio di eliminare la morale nelle sue nozioni di peccato e di colpa (vedi i casi di aborto, eutanasia, fecondazione artificiale).
Una causa, non meno importante delle altre, è il messaggio trasmesso dalla società dei consumi, la catechesi della facilità di vivere a proprio agio e senza costrizione alcuna. Per la società dei consumi il male è ciò che dà fastidio. essa ostenta il trionfo dell’uomo padrone di sé e del suo universo: «Diventerete come Dio». (Gen.3,5)
Come riscoprire il senso del peccato e del bisogno della salvezza? in “roba da matti” il Padrone di casa propina qualche consiglio, senza sbilanciarsi troppo, perché non è sicuro che i fatti confessati siano veri: come faccio a capire se le vostre storie sono fatti realmente accaduti o frutto della vostra fantasia?
Pulcinella, grazie alla sua esperienza, è convinto che in molti casi si tratti di “delectatio morosa” ovvero di una fantasticheria immaginativa, una specie di compiacenza interiore nel rappresentarsi una situazione immorale, soffermandovisi con piacere.
Cosa dice in proposito la Morale Cattolica?
Per consentire la riscoperta del senso del peccato e del bisogno della salvezza, bisogna offrire all’uomo una presentazione più giusta della relazione dell’uomo con Dio. in questo contesto andrebbe eliminata la concezione concorrenziale tra l’uomo e Dio: non è vero che la fede in Dio è incompatibile con la fede nell’uomo. L’uomo è a immagine di Dio, con tutte le sue facoltà e capacità di dominare l’universo di cui fa parte; nel rapporto filiale non può esservi concorrenza.
Per il suo bene, l’uomo deve comprendere che il peccato contro Dio è anche peccato contro l’uomo. La volontà di Dio è che l’uomo si realizzi pienamente, che trovi la gioia e la felicità. La relazione uomo-Dio dà alla vita umana tutto il suo senso e la sua dignità, mentre il peccare contro Dio equivale a peccare contro la dignità umana, a degradare l’uomo, a farlo regredire proprio perché si allontana dal suo modello. Col peccato, l’uomo ritorna ad essere carnale, succube delle voglie dei propri istinti.
Per riscoprire il senso del peccato è necessario liberarsi da una morale giuridica. il Giuridismo, infatti, non denuncia tanto la perversione intrinseca del peccato quanto piuttosto l’infrazione di un comandamento che viene presentato come pura proibizione. in questo caso, la legge diventa il limite (entro il quale si può fare o non fare) e il gendarme al quale si obbedisce per paura.
La nozione di peccato, legata alla sofferenza dell’uomo, è in grado di indicare di quali mali soffre la nostra società e di mettere in evidenza le radici profonde di questi mali: peccato di disprezzo dell’uomo e quindi di Dio (antisemitismo ed olocausto, razzismo e pulizia etnica, tortura, sfruttamento, ecc.); peccato di disattenzione da parte di molti responsabili sociali nei confronti della vera vocazione divina dell’uomo – l’uomo non è il padrone assoluto dei beni della terra, ma ne è solo l’amministratore — con le conseguenze ben note: la questione sociale posta dalla meccanizzazione industriale e dal liberalismo capitalista, la gravità della miseria a dimensione planetaria, l’immenso sperpero da parte dei paesi ricchi, la crisi ecologica.
il peccato, quindi, non è più solo un fatto individuale, ma perversione di gruppi o di collettività che opprimono le altre, violazioni che legittimano le denuncie della Chiesa; una Chiesa che, per la visione globale che possiede sull’uomo e sull’umanità, ha il dovere di denunciare il peccato e di intervenire affinché venga rimosso.
La Morale Cattolica ci dice che esiste un legame tra il peccato e la morte, morte intesa come morte interiore, la morte dello spirito, dell’unione con Dio.
il peccato, in quanto possibilità di perdere la vera vita, è una struttura fondamentale dell’esistenza umana; il peccato aliena l’uomo e lo rende estraneo a se stesso, alla sua stessa volontà.
il messaggio che deve arrivare all’uomo è che Cristo, con la sua morte e resurrezione, ha vinto la morte fisica, il peccato e la morte spirituale che questo produce.
Quali sono le cause del peccato? L’uomo pecca per colpa propria , per tentazione o per colpa altrui?
in “roba da matti” vengono trattati anche questi argomenti. Picaro e Pierrot, per esempio, si sentono giustificati proprio dalle ingiustizie che hanno dovuto subire: se non fosse accaduto quel fatto…se non fossi stato costretto da quella circostanza, io non avrei agito come ho agito.
La Morale Cattolica, in proposito ci dice che le cause del peccato possono essere esterne e interne, ma la causa essenziale del peccato è sempre la decisione della volontà umana, capace di pervertirsi.
Le cause esterne sono incitative (tentazioni), ma in ogni caso (cause esterne ed interne) l’intelligenza viene sedotta e accecata dalla trappola dei desideri, la volontà è resa incapace di eseguire quanto le viene dettato dalla coscienza.
Perché l’uomo incontra tante difficoltà a ritrovare Dio nelle sue opere? La stessa domanda vale per Brighella: perché odia tanto l’umanità? La risposta, nella sua forma, è molto semplice: l’uomo invece di andare verso Dio si ferma alle creature; desiderando e inseguendo quelle, vi traspone la sua sete di infinito e di assoluto, “ Aversio a Deo, conversio ad creaturas “.
E la delusione che incontra possedendole, invece di servirgli da insegnamento, lo spinge ancor più verso una nuova corsa e verso nuove illusioni, non comprende che le creature sono un riflesso di una realtà assoluta che è Dio.
Il peccato, pertanto, è quella grande infermità che impedisce all’uomo di trovare la gioia piena (vedi come Colombina, Capitan fracassa , arlecchino e la Cortigiana si avvolgono nella loro mortale ragnatela); lo blocca su una qualsiasi creatura, eretta ad assoluto, e principalmente su quella creatura che è lui stesso. il fascino delle creature fa dimenticare agli uomini la loro derivazione, la loro continua dipendenza nei confronti di Dio.
«Sarete come dèi» disse Satana ad adamo ed eva: ecco la grande tentazione alla base di tutti i peccati. L’orgoglio, il padre e la madre di tutti i peccati, è la tentazione di mettersi al posto di Dio, una bramosia che conduce a uno sconfinamento radicale.
Dopo aver scrutato, per sommi capi, le cause della perdita del senso del peccato e le cause del peccato stesso, non posso esimermi di dare uno sguardo al quadro molto più luminoso del pentimento e riconciliazione. Noi abbiamo la fortuna di avere un Dio che è Padre Misericordioso. E questo Padre ci dice che la morte spirituale causata dal peccato non è definitiva, che è possibile ottenere il perdono e ritornare alla vita. Cosa dice Pulcinella ai suoi ospiti, nelle battute finali? < che cosa sono il dolore e la morte, se non le stigmate del peccato? … Il peccato ha distrutto il regno dell’amore.
… Dobbiamo evitare che la maschera, a lungo andare, diventi volto … La lotta va condotta per determinare le circostanze positive … anche se l’amore gratuito di Dio e degli uomini, tu non lo comprendi, accettalo. > Non voglio chiudere questa prefazione senza mettere in guardia il lettore da un grave pericolo, spesso sottovalutato. nei Vangeli leggiamo che tutti i peccati saranno perdonati, ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno. Vale a dire che l’amore di Dio, per quanto misericordioso, non vuole ledere la libertà dell’uomo.
Per orgoglio, l’uomo può rifiutare la chiamata divina, può rifiutare di riconoscere l’onnipotenza di Dio attribuendo a Satana ciò che viene dallo Spirito.
Dio non lo può salvare senza un pentimento e senza la volontà di essere salvato.
Questa seconda edizione scaturisce dalla necessità di dare completezza a quel senso di incompleto che aleggiava in alcune pagine, di smussare periodi spigolosi e diluire alcuni concetti tratteggiati con tinte troppo forti, lasciando però inalterate le sue caratteristiche essenziali. La sensibilità del lettore va rispettata così come va tutelata l’idea costitutiva di un’opera letteraria. infatti, se il silenzio concede spazio alla fantasia, la realtà ha bisogno della parola per essere rappresentata; una parola che spesso può essere dura, tagliente, lacerante, equivoca nella sua crudezza, capace di provocare emozioni, una parola scritta idonea a rendere visibile l’invisibile, una parola che diventa l’estrema tutela del pensiero e della memoria.

Ettore Quarantanove



La prima pagina




Da sempre, nel regno di Sicilia, le Maestranze hanno costituito una forza invisibile. Il loro fine statutario prevalente era quello di promuovere, organizzare e realizzare manifestazioni laiche e religiose, ma all’occasione, avevano anche il potere ed i mezzi per fare esplodere rivolte, come quella del 1773 che si concluse con la cacciata del viceré.

Don Ignazio non vantava titoli nobiliari, ma con le sue navi portava il vino siciliano in tutta l’Europa. Era una persona piuttosto illuminata per il suo tempo. Dava grande importanza al commercio, a scapito della politica, e riusciva a mantenere i contatti epistolari con ragguardevoli personalità famose nel campo della poesia, della musica e della matematica; personaggi che aveva avuto il piacere e l’onore di conoscere durante i suoi viaggi di affari. Ciò non voleva dire che si disinteressasse alle vicende politiche, tutt’altro, ma seguiva coerentemente l’ultimo consiglio che suo padre, Don Vincenzo, gli aveva dato sul letto di morte:< non lasciarti coinvolgere nelle beghe dei Baroni.> Don Ignazio si rendeva conto delle novità e leggeva in anticipo gli avvenimenti, sapeva fare i passi necessari per mantenersi neutrale e, allo stesso tempo, per essere rispettato dai contendenti di turno. Preveniva le richieste di sussidi del viceré e versava generosamente i soldi che servivano al sovrano per combattere i sovversivi giacobini. Quando la plebaglia, senza il consenso delle Maestranze, minacciava l’ordine costituito, egli era il primo a raccogliere gente in grado di accorrere armata in difesa del Regno. A causa di una grave carestia, nel 1796 mise a disposizione di re Ferdinando le sue navi per trasportare il frumento dalle Puglie in Sicilia, nonostante l’imperversare della pirateria.

La villa si ergeva solitaria e silenziosa al centro di un giardino circondato da un alto muro di mattoni rossi. Era stata costruita alla fine del XVIII secolo da Don Ignazio che, grazie ai servigi resi al Re, aveva ottenuto il titolo nobiliare, numerosi possedimenti terrieri ed esclusive concessioni di pesca.
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